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100 metri dal Paradiso


Autore : .
Categoria : Csi Alba
Lunedì, 14 Maggio 2012 - 17:20

 

Trama del film 100 metri dal paradiso:

Monsignor Angelo Paolini è uno spirito illuminato, profondamente convinto che la Chiesa debba aggiornare il suo linguaggio per poter continuare a testimoniare la parola di Dio al mondo.

Mario Guarrazzi, suo caro amico d'infanzia, è invece un ex centometrista che, nella sua carriera, ha vinto tutto tranne la cosa più importante: le Olimpiadi. Un cruccio che ha segnato la sua vita e dal quale cerca riscatto attraverso suo figlio Tommaso, anche lui ottimo velocista. La sua speranza si spegne, però, quando Tommaso gli rivela di non poter andare ai Giochi perché intende farsi frate.

A ridargli speranza, paradossalmente, è proprio un'idea di Angelo che pensa di poter risolvere le proprie necessità e quelle dell'amico attraverso un progetto a dir poco sconcertante: mettere su la Nazionale Olimpica del Vaticano e partecipare alle Olimpiadi di Londra 2012.

TRAILER

 

Intervista a Raffaele Verzillo, regista e sceneggiatore

 L’idea alla base del film è talmente affascinante e singolare, che viene da chiedersi se abbia qualche fondamento nella realtà…

Nessun riferimento a fatti reali. Il soggetto nasce un po’ per caso, insieme a Pier Francesco Corona e Salvatore De Mola, abbiamo individuato nella moda, nello sport e nella Chiesa i tre elementi che maggiormente si prestavano ai toni di una commedia. Abbiamo inventato un Monsignore un po’ folle che, pur di rinnovare i metodi di diffusione della parola di Dio, finisce per imbarcarsi nell’avventura della Nazionale Olimpica del Vaticano!

 

C’è stato qualche coinvolgimento da parte di membri ecclesiastici?

Avevamo bisogno di utilizzare le divise e la bandiera del Vaticano. Una volta scritto il soggetto, ci siamo rivolti al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, per farglielo esaminare. Ci hanno sempre lasciati liberissimi di scrivere, chiedendoci solo di porre attenzione a non andare contro la morale della Chiesa. Don Franco Camaldo, che è il cerimoniere papale, è stato uno dei nostri consulenti d’eccezione, così come Don Giulio Della Vite e molti altri che abbiamo ringraziato nei titoli di coda del film. Inizialmente, ero timoroso di toccare qualche tasto delicato, ma ho riscontrato, al contrario, grande attenzione al tema della comunicazione da parte di tutti.

 

Come si conciliano religione e sport?

Lo sport è anche un atto spirituale, ti consente di confrontarti con l’avversario, ma soprattutto con te stesso. L’ansia dettata da questo confronto rende inevitabile la ricerca di un elemento al quale aggrapparsi, a seconda del proprio credo religioso. Per i cattolici, il riferimento è inevitabilmente Dio.

 

La storia è ricca di buoni sentimenti e alterna temi sacri a gag dissacranti, senza mai scivolare nel volgare. Come sei riuscito a mantenere questo equilibrio?

La realizzazione di un film “clericale” avrebbe segnato il fallimento del tema portante della storia: la comunicazione. In fase di scrittura, abbiamo badato a non commettere errori che avrebbero tagliato fuori il pubblico laico e ateo. Inoltre, avremmo fatto un danno anche ai cattolici, perché non avremmo illustrato in maniera completa la nostra idea. Abbiamo, quindi, messo Paolini in confronto con gli altri due protagonisti: da un lato la sorella, che ha quasi odiato la sua scelta di prendere i voti, e dall’altro il suo migliore amico, con cui si rapporta come il diavolo con l’acquasanta.

Sul set, tutti gli attori mi hanno aiutato a tirare fuori, dai rispettivi personaggi, più il carattere dell’uomo che quello del prete.

 

Dopo il tuo esordio con un film drammatico, perché hai deciso di fare una commedia?

Quando ho fatto “Animanera”, in molti, che mi conoscono bene, si sono stupiti perché mi ritenevano più portato per storie leggere. In realtà, ho sempre avuto un po’ paura della commedia, un genere difficile, che, al contrario di altri, non consente vie di fuga: funziona o non funziona. Poi, ho avuto l’opportunità di avvicinarla grazie alla fiction “Un medico in famiglia”, mi ci sono sentito bene e ho deciso di provare con un progetto cinematografico.

Come hai lavorato sul cast?

Insieme a Rita Forzano, responsabile del casting, abbiamo cercato di porre più l’accento sui protagonisti della storia e meno su attori di richiamo per il pubblico. Essendo il soggetto così atipico, avrei rischiato che un attore eccessivamente famoso soffocasse il suo personaggio, rendendo il racconto poco credibile.

La scelta di Domenico Fortunato per Monsignor Paolini l’ho fatta in relazione ad una precisa corrispondenza fisica e alla sua grande versatilità come interprete. Per Guarrazzi ho voluto un attore straniero, Jordi Mollà, in linea con la politica di Scripta, che ha prodotto il film e punta su opere italiane con forte spendibilità estera.

 

Fortunato, tra l’altro, aveva anche interpretato un piccolo ruolo in “Animanera”.

Quando scrivevamo il personaggio di Paolini, conoscendo personalmente Domenico, abbiamo pensato a lui perché ha tutte le doti del grande comunicatore. Questo è il suo primo ruolo da protagonista al cinema e sono soddisfattissimo del suo lavoro.

 

Non da meno Jordi Mollà, che ha un feeling perfetto sia con Fortunato sia con Giulia Bevilacqua.

Sebbene sia stato doppiato da Stefano Benassi, Mollà, che è un attore di talento ed esperienza internazionale, ha voluto recitare nella nostra lingua, perché la commedia è giocata su ritmi legati proprio alle battute e, dialogando in spagnolo con gli altri, aveva paura di metterli in difficoltà.

Giulia Bevilacqua è stata davvero una bella scoperta, è bravissima e, oltre a essere molto bella, è pure ironica, quindi perfetta per la commedia.

Anche Giorgio Colangeli, che per me è uno dei migliori attori italiani, qui ha potuto esprimere tutto il suo talento comico, fino ad ora poco sfruttato al cinema.

 

C’è qualche atleta vero tra quelli che appaiono sullo schermo?

Frate Thorvald è interpretato dal wrestler austriaco Christoph Raaber che, a dispetto del suo nome d’arte, ‘BambiKiller’, è un ragazzo di grande simpatia e disponibilità. Suor Adele è Chiara Rosa, primatista italiana di lancio del peso, tra le prime otto al mondo nella sua disciplina. Lucas Lanthaler, decatleta nel giro della nazionale, è la guardia svizzera che si cimenta nel salto in alto. Tutti gli altri attori hanno avuto esperienze con qualche disciplina sportiva; l’unico per il quale abbiamo utilizzato una controfigura nelle scene in cui tira di scherma è Gennaro Silvestro.

 

Avete avuto anche il supporto di qualche istituzione sportiva?

Il CONI si è messo completamente a disposizione. Ci hanno concesso gratuitamente l’utilizzo delle strutture e una serie di consulenti per la scherma, l’atletica, il peso… Tutti hanno accolto l’idea del film con simpatia.

 

La storia si muove tra l’Italia, le Missioni dove vengono reclutati i sacerdoti atleti (Brasile, Africa, Colombia…) e Città del Vaticano. Quante di queste location sono reali?

Il Vaticano è totalmente inaccessibile per girare fiction, gli unici permessi li concedono ai documentaristi. Ci siamo quindi trovati di fronte alla difficoltà di ricostruire tutto altrove.

Il produttore esecutivo, Raffaele Veneruso e lo scenografo, Sergio Tribastone, mi hanno suggerito di visitare la Puglia. A Bari abbiamo trovato l’antico edificio della Provincia, l’Università degli Studi e Palazzo Fizzarotti. Grazie al supporto dell’Apulia Film Commission, abbiamo poi individuato altre location per le Missioni, mentre tutti gli esterni sono girati a Roma.

Il lavoro più complesso è stato sugli ambienti interni al Vaticano?

Li avevo visitati più volte prima del film, e la mia idea era quella di ricostruire stanze non troppo pompose. L’unico luogo dove ci siamo lasciati “andare” un po’ di più è stata la zona del Segretario di Stato – il Cardinal Rosati, interpretato da Mariano Rigillo – dandogli un tono più ricco.

Alla fine, gli stessi consulenti vaticani ci hanno fatto i complimenti per la semplicità e il realismo delle scenografie.

 

C’è stato bisogno di interventi digitali?

Le nuove tecnologie offrono infinite possibilità espressive. “100 metri dal Paradiso” è tra i film italiani di quest’anno con il maggior numero di interventi digitali. Sono presenti 125 sequenze rielaborate al computer, anche con l’utilizzo di effetti 3D.

Per esempio, il campo di allenamento degli atleti è, in realtà, lo stadio delle terme di Caracalla, abbiamo quindi dovuto sostituire tutto il fondale per farlo sembrare all’interno della Città Vaticana.

Ci tengo anche a sottolineare l’ottimo lavoro fatto sulla fotografia dal grande maestro Blasco Giurato, della cui collaborazione al film sono onorato.

 

 


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